DEMOAPATIA: la campagna per la cittadinanza 2023/2024

 

“Quello che non ho è una camicia bianca

Quello che non ho è un segreto in banca

Quello che non ho sono le tue pistole..”

Quello che non ho, Fabrizio de André

 

“Ora mi sforzo a immaginare cosa posso fare per sentirmi più a mio agio al mondo adesso

O quando sarò vecchio, renderò conto a chi è più giovane di me

E mi chiederà perché, dov’ero, cosa facevo, a che mi dedicavo, che cercavo

Nel duemila ventidue, nel duemila ventitrè

Perché fondamentalmente adesso è come se durante un’invasione aliena o un incendio in città

Io me ne stessi qua a pensare solo alla mia famiglia e alle mie canzoni

Mentre sulla mia testa crollano i grattacieli”

Infinite Possibilità, Giovanni Truppi

 

La più mortale delle minacce per la democrazia non è l’insorgere di regimi autoritari e liberticidi, che sono il sintomo e non la causa del male, ma la progressiva erosione di una cultura repubblicana. […] Gli europei possono costruire un futuro nel quale le guerre siano illegali, la terra viva e vegeta, i bambini liberi di crescere fuori dalla paura e dal bisogno. Tutti, non soltanto quelli che nascono ai piani alti della ziqqurat terribile che chiamiamo società globale. Per farlo è necessario trasformare l’Unione Europea in una Repubblica: la Repubblica d’Europa, unica e indivisibile, democratica, fondata sulla libertà e sulla responsabilità.

Niente di meno.

La Repubblica d’Europa, ISAGOR

 

Esiste oggi un’idea che ha un forte consenso in tutto il mondo, sempre in crescita, che raccoglie supporto e adesione da destra e da sinistra, indipendentemente dalla classe sociale ed economica, con un messaggio che inonda la società infiltrandosi in ogni spazio libero. Se fosse rappresentata da un unico partito sarebbe invincibile e sarebbe il partito dei critici della democrazia – rassegnati, arrabbiati, disillusi, indifferenti, dubbiosi, contrari. L’astensionismo con i suoi numeri (2022, elezioni italiane: 36,09% – 2019, elezioni europee: 49,44%) non è che la punta dell’iceberg, e non fa nemmeno più notizia. Chi non ha diritto di voto non fa più scalpore, e nemmeno si indigna e protesta. Questa è la normalità.

 

La democrazia è lenta e poco efficace, non al passo con il tempo globalizzato che viviamo, distorta dal mondo dei social media, non all’altezza delle sue promesse, distante dal potere reale, inutile scocciatura, spreco di tempo e di soldi per alcunɜ, maschera di rapporti di forza e ingiustizie strutturali per altrɜ. Queste tesi sono infinitamente e scrupolosamente dettagliate, supportate da dati ed evidenze, e trovano immediato consenso.

 

È comodo e facile unirsi a questo coro di critiche.

 

Ma è stupido e sterile farlo senza alternativa perché si contribuisce a distruggere il tentativo democratico e si favorisce chi oggi detiene il potere e ne trae profitto. È scorretto e ipocrita perché almeno in questa parte del mondo si continuerà a godere dei benefici di questo sistema e della sua apparenza democratica. È ingiusto perché non considera tutte le persone ancora escluse dalla democrazia e che vorrebbero o dovrebbero partecipare pienamente e goderne. È deprimente, perché porta a rinchiudersi nelle proprie case, con i propri simili, nei propri piccoli problemi e nelle proprie piccole guerre quotidiane. È autodistruttivo perché farà rimanere sudditi, distrattɜ e impreparatɜ ad affrontare grosse sfide globali che sono già in corso.

 

Invece prima di gettare la spugna e unirsi a questo ideale partito si può sfruttare quel po’ di privilegio che si ha per studiare, capire, provare a occuparsene, a partecipare e migliorarla. Quali sono i principi fondamentali della democrazia, i suoi organi principali e i suoi attori? Quali sono i vecchi e nuovi problemi e le sfide che deve affrontare? Come si rapporta con il sistema capitalista-consumista e con le dinamiche coloniali globali? Con le guerre, le migrazioni, la crisi climatica? Chi è escluso dalla democrazia? E soprattutto la democrazia può ancora essere uno strumento di giustizia per chi non ha soldi, armi o potere in questo mondo? Serve ancora per cambiare in meglio la vita delle persone, la realtà, il mondo?

 

Se c’è un appuntamento a cui non si può arrivare impreparatɜ o con le mani in mano, sono le elezioni del Parlamento Europeo del 2024. L’Unione Europea, così come immaginata durante la Resistenza, è il campo di azione in cui la democrazia può dimostrare il proprio valore – così come era stata immaginata durante la Resistenza. Chi voterà tra il 6 e il 9 giugno 2024 – quanti voteranno? Di quali paesi? I/le giovani cittadini e cittadine voteranno? – e cosa si voterà determinerà in ogni caso le sorti dell’Unione e si manderà un messaggio forte, internamente e al mondo intero. Vincerà la spinta progressista e repubblicana, con le sue istanze di giustizia sociale e climatica, o sarà la conferma di un’Unione timida, ricattata dagli interessi nazionali e dalle lobby della guerra e dei combustibili fossili, e lasciata morire o uccisa dagli scettici, dai critici dai rassegnati?